Carousel

Project Description

Un vento misterioso percorre tutte le opere di Patrizio Dall’Argine, la mano invisibile che, dietro le quinte della vita, muove la giostra, anima le figure. Non a caso lui è un burattinaio e nei suoi quadri questo si sente, così come si sente la malinconia tipica della maschera, la poesia del tempo che passa.

I suoi maestri si percepiscono nella composizione cromatica, nell’appiattimento di certe scene dove le tinte si fondono creando sempre un cerchio armonico, un continuum senza  fine. Sono Matisse, Soutine, Chagall, il Doganiere Rousseau, ma anche, specialmente nei ritratti, Modigliani con quel suo delicatissimo spleen. I temi sono quelli della giostra, il carousel appunto con le baracche dei giochi, dove ogni giostraio sembra appartenere a luoghi lontani, parla lingue diverse. L’artista riporta spesso sulle tele gli idiomi, le scritture, anche queste espressive di culture antiche, echi di messaggi archetipici che risuonano dentro, amplificando il senso e la forza dell’immagine, già costruita emotivamente sul colore. Al centro ci sono gli animatori del gioco, i pigri manovratori della storia: poi ci sono i bimbi, osservatori e sognatori. E in qualche angolo c’è un animale, in genere selvatico (la volpe) a rappresentare la natura e l’imprevedibile. Perché in ogni spettacolo come quello grande della vita, c’è l’imprevisto, c’è un oltre e c’è un viaggio dentro e fuori di noi. E c’è l’eterno ritorno di ognuna di queste scene. Le ha dipinte in piccolo formato e in grande. Le piccole sono forse più accurate e dinamiche, mentre sono più gestuali, liberatorie le tele di grandi dimensioni dove il colore lascia spazio anche al non finito.

Le giostre di Dall’Argine non sono rutilanti e chiassose come certi circhi lautrechiani, ma pervase sempre da un velo di malinconia e dalla nostalgia di un’originaria purezza, d’infantile ingenuità. I suoi personaggi hanno la tenera amarezza e la delicata, fragile bellezza di Gelsomina ne “La strada” di Fellini. Oppure hanno l’entusiasmo bambino, il sentimento curioso dell’attesa di qualcosa che magari già si conosce, ma è sempre nuovo, sempre emozionante, come uno spettacolo di marionette, come una gara, come un gioco ben noto, oppure come il semplice sorgere del sole. Si ha l’impressione di essere sempre sulla soglia tra passato e futuro, tra notte e giorno, nell’ambigua altalena dell’esistenza. Non c’è però drammaticità, angoscia, bensì serena consapevolezza. Il viaggiatore vero (dello spazio e del tempo), lo zingaro dell’anima, il gitano dei sogni, tiene nel cuore la musica dei ricordi, ma si proietta già nell’orizzonte canoro dell’alba, già si trastulla con la bussola del cuore che lo spinge avanti. Sempre.

Se ci fosse una colonna sonora per questi quadri, sarebbe forse quella di Georges Brassens, poesia cantata e sussurrata, ovattata di nostalgia. Del resto questa è una storia che inizia col gioco nel labirinto di specchi dove l’uomo entra e ne esce una scimmia. E’ il ritorno alle origini, quindi alla curiosità primigenia, alla funambolica imprevedibilità, alla verità pura del selvaggio. Tale è l’esito dello Zeit Reise (viaggio nel tempo), dove per andare avanti bisogna tornare indietro e viceversa, come in un cerchio. O in una giostra.

  

Patrizio Dall'Argine nasce a Parma. La finestra della sua prima stanza incorniciava il torrente. 

Successivamente ha cambiato molte finestre in città dell'Italia e della Francia e in tutte si poteva vedere un angolo di cielo. Quando ha dipinto i primi quadri ad olio (erano dei cardi) per la fatica e l'emozione è svenuto. Fortunatamente nel suo piccolo studio c'era un letto. Da giovane desiderava dipingere fondali per il Teatro dei Burattini e  affrescare chiese. E’ andata che ha lavorato in Teatro, è diventato Burattinaio, ma non ha ancora fatto un affresco. 

Manuela Bartolotti