LA DIVINA COMMEDIA

Project Description

LA DIVINA COMMEDIA

ISTVAN MADARASSY

 

Ha impiegato circa 6 anni Istvàn Madarassy per compiere la sua “Divina Commedia”, leggendo e rielaborando nel crogiuolo della sua mente e della sua anima le parole “alate” di Dante, scolpendo col calore della fiamma e plasmando il rame, perché rimandasse i patimenti e il sofferto cammino dell’Inferno, il riverbero rosso e il desiderio di salvezza del Purgatorio, lo splendore dell’oro e la gloria esultante, corale dei cieli del Paradiso.
Osservando questo percorso creativo, tre sono le chiavi interpretative, tre gli elementi simbolici che caratterizzano tutta la sua Divina Commedia: la luce, il suono, le persone.
I canti infernali sono rappresentati con un fondo scuro, spesso opaco, sul quale risaltano varie sfumature di colore e ombre arse di aloni ossidati. La materia qui prevale sullo spirito, incatena le anime dannate ad una cupa eternità di solitudine. Regna ovunque il silenzio di una speranza soffocata, talvolta interrotto da un grido vuoto, fatto di braccia in alto protese, come nella tavola con la nave di Ulisse nel suo “folle volo”. S’avverte un’inquieta disarmonia, le figure umane, poche e disgiunte, sono spesso in equilibrio precario, le forme sono incomplete, e talvolta parlano solo mani che raccontano d’affanno e paura senza mai pace. Nel Purgatorio il fondo è rosso dell’appassionata brama di Dio e del fervido pentimento, le figure sono rappresentate più numerose e spesso in dialogo tra loro. Il grido bestiale o il silenzio di disperazione sono mutati in comunione e conversazione. Le teste sono spesso rivolte in alto e le composizioni, dove prevalgono questi azzurri cangianti, trasmettono un senso di moto ordinato. Dante e Beatrice sono in più immagini insieme e il legame d’amore è forza che fa ascendere, sospingendo in alto. Finchè, ecco il Paradiso, dal fondo oro che rimanda la luce, dove le anime sembrano danzare e cantare rivolte “in excelsis Deo”. Le tavole s’affollano di cori angelici, d’accordi armoniosi. Nello splendore, s’accendono tutti i colori. La materia del rame è trasfigurata in un tripudio iridato, sfolgorante fino al culmine della visione trinitaria fatta di rosso, blu e oro che si vanno mutando uno nell’altro per significare l’Uno e trino di Padre, Figlio e Spirito Santo. Dopo il cammino della Fede, faticoso nelle tenebre infernali, dopo il fremito della speranza trattenuto ancora dal fardello dei peccati da “purgare”, si giunge al massimo di luce, alla musica dei cori angelici, al perfetto accordo che è Carità, è Dio.
Dante doveva restituire a parole un’apparizione sublime e ineffabile, Madarassy tradurre visivamente, con la materia plasmata e scaldata, le visioni sempre più inesprimibili, spirituali del poeta. Quello che conta e che resta non sono però le immagini concrete, ma l’emozione che restituiscono, il sussurro dell’invisibile che passa da anima a anima.
E con questa emozione entra in noi la Verità. Che è poi tutta in quell’ultima frase del Paradiso dantesco: “l’Amor che move il Sole e l’altre stelle.”

Manuela Bartolotti