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DINO CHIAPPONI

Alfredo o Dino Chiapponi è nato a Parma nel 1938.

Dopo aver frequentato il Liceo scientifico prima a Parma e poi a Reggio, scopre la sua vocazione artistica e abbandona gli studi per dedicarsi completamente all’arte e alla filosofia.

La sua prima personale è al Circolo Benedetto Croce di Reggio Emilia nel 1960 e già così giovane dimostra originalità e coraggio nell’uso del colore. Sull’accostamento e l’accordo cromatico, del resto, baserà la sua ricerca e il suo percorso artistico, specialmente dopo l’incontro a Milano col maestro  Cristoforo De Amicis. Sarà lui infatti a indirizzarlo verso la sua individuale forma espressiva, insegnandogli sintesi e concentrazione, traghettandolo dal neo-impressionismo delle prime opere all’astrazione successiva. 

Gli anni ’60 e ’70 sono quelli della frequentazione milanese, dei viaggi a Firenze e all’estero che gli consentono di assorbire le tendenze più innovative e venire a contatto con le avanguardie.

Sono anche anni di mostre, curatele e recensioni prestigiose: da De Amicis a Cesare Zavattini, Remo Brindisi, Domenico Cara, Franco Passoni, Bruno Munari, tutti hanno parole lusinghiere nei suoi confronti, riconoscendone la personalissima cifra compositiva e gli accenti cromatici vibranti, accesi, espressionisti. 

Il 20 novembre 1976 apre in via al Duomo 7 il centro artistico culturale “La Pilotta”, ideato da Chiapponi come fucina di creatività e di talento, luogo di fermento culturale e di crescita intellettuale per tutti.

Il 1987 è per Chiapponi l’anno della mostra al Padiglione ex-Barricate del Parco 1 maggio, un’antologica di 106 opere dal 1972. In questa occasione viene presentato un volume monografico a cura di Franco Solmi dove si esalta anche la sua altra passione artistica: la fotografia.

Ed è così che nel 1992 nella sede dell’A.P.T. di Salsomaggiore si svolge la mostra fotografica “Ritratto in un esterno” presentata in catalogo da Giuliana Scimé.

Nel 1994 è la prima mostra alla Galleria Sant’Andrea di Parma, sede dell’UCAI, alla quale ne seguiranno altre negli anni a venire, fino alle ultime due dedicate alla compianta moglie Uccia Fieni, nel dicembre 2012 e 2015. Da ricordare le esposizioni a Bologna alla Banca popolare di Milano con la consulenza artistica di D’Ars; la prestigiosa “La mia sera”, rassegna fotografica alla Galleria San Ludovico di Parma organizzata dal Comune; la mostra del 2006 alla Reggia di Colorno, promossa dal centro culturale “La Pilotta”, patrocinata da Provincia di Parma e Comune di Colorno, presentata da Vittorio Sgarbi che sarà determinante nell’aiutarlo a realizzare la Fondazione intitolata alla moglie Uccia, impresa resa possibile anche dalla determinazione dell’artista e dalla sua volontà di proseguire la missione di bene ispiratagli dalla consorte, indimenticata maestra elementare. 

Nonostante una carriera segnata da critiche e riconoscimenti importanti quali l’Ambrogino d’argento a Milano e il Cavalierato della Repubblica italiana, Chiapponi è stato più apprezzato all’estero e fuori dalla sua città, come testimoniano anche le mostre del 2009 alla Camera di Commercio italiana a Parigi in rue de Faubourg Saint-Honoré e la mostra a Berlino nel 2015. 

Chiapponi ha adottato negli ultimi anni un linguaggio pittorico estremamente sintetico, astratto, poetico nonostante il rigore geometrico delle composizioni. I suoi cicli su lastre dove il colore e l’immagine sono state trasferiti tramite un procedimento di sublimazione, sono percorsi interiori nella gioia e nel dolore, nella vita e nella morte, verso una libertà e una liberazione generata da accostamenti cromatici e dalla forza dell’arte stessa. Sono i cicli de “Le due Torri”, realizzato dopo l’attentato dell’11 settembre e destinato ad una purtroppo incompiuta mostra a New York e il doppio ciclo di Uccia, dove la malattia e la tragica fine della moglie vengono affrontati e superati da un crescendo di tessere e finestre colorate, note di ricordi, d’amore e di speranza, oltre le sbarre angoscianti dell’ombra e della disperazione.

Chiapponi ci ha lasciati, dopo breve malattia, il 14 luglio del 2016, lasciando l’eredità di un artista versatile (pittore, scultore, fotografo), originale e quella di un grande uomo innamorato e generoso che con la Fondazione Uccia Fieni può fare e dare ancora tanto per la cultura, per il bene di Parma, per i bambini e per i malati oncologici. E poi c’è l’arte, la sua arte e quella dei suoi allievi. Questa storia e questa biografia di fatto non sono finite. Vita brevis sed ars longa.

          Manuela Bartolotti

video della mostra su Youtube 

Il video della mostra su Youtube

 

 ANTOLOGIA CRITICA

Tocca a chi scrive sottolineare in un testo del 1980, la misura prevalentemente intellettuale delle opere dell’artista di Parma e di affermare che in lui “ Va progressivamente dissolvendo la dimensione figurale, per l’approfondirsi di quella del linguaggio”. Scrivevo più precisamente “ tocca ora a Chiapponi scegliere fra la persistente ombra di quel residuo naturalistico …..e lasciarsi andare a suggestioni che non sono soltanto liriche, ma di precisa derivazione linguistico-concettuale. A per far questo dovrà sacrificare molto del suo “candore” e della sua ingenuità.
Chiapponi ha raggiunto piena coscienza che le sue opere, comunque siano ispirate o comunque egli le chiami: “Estate”, “Inverno”, “Incontro in collina”, “Bianco animato”, o “Verso la collina”, non sono altro che segni animati o colori che valgono come segni nell’economia di un’immagine complessa che tende ad essenzializzarsi.

(Dal saggio critico di Franco Solmi in occasione dell’antologica di Dino Chiapponi  nel Novembre 1987).

 

La ricerca artistica di Alfredo Chiapponi è un percorso verso il centro del cuore. Un paradosso romantico per un pittore che, pur restando evidentemente appassionato, ha scelto con rigore estremo di essere astratto, fino alla più rigida disciplina di Mondrian, che limita il campo del gesto pittorico a linee orizzontali o verticali su un fondo uniforme. (…) 
Alla fine della pittura, poi, Chiapponi sceglie un nuovo mezzo espressivo, che toglie alla mano, e al segno che ne consegue, per dare alla mente, senza ostacoli, e cercando i segni delle cose: la fotografia, per un pittore come lui era un approdo inevitabile, se ne avverte la continuità con un processo linguistico parallelo, inevitabile e conseguente. (…) La pittura è l’ultima barriera che difende il mondo della ragione e della memoria. La fotografia incede, intercetta, irrompe nella realtà e ne ruba la vita. La pittura è l’anima, la fotografia è il corpo. La fotografia è, la pittura era. Ma la pittura che è stata continua a vivere, mentre la fotografia , in quanto è, è stata. Essa ferma un momento perduto, E quando è, è morta. (…) I confini tra la pittura e la fotografia, possono essere labili, ma non è di questa convergenza che si preoccupa Chiapponi. Egli è interessato a ciò che si può dire e a come i due mezzi lo consentano. Questa consapevolezza rende autentica la sua ricerca d’artista diviso fra due secoli e fra due millenni.

(Dal saggio critico di Vittorio Sgarbi in occasione della mostra alla Reggia di Colorno nel 2006)

 

Chiapponi è artista polimorfo: pittore, scultore, disegnatore, grafico, fotografo, ed altresì teorico e didatta d’ampio respiro interdisciplinare, spaziando dalla filosofia all’ottica, dalla storia dell’arte alla psicologia, dalla letteratura alle tecniche pittoriche. Ben consapevole di sé e di quanto fatto via via, assai attivo e produttivo, in perenne ricerca, egli ha operato per cicli, con ritorni su temi e soluzioni formali e tecniche precedenti, su tratti pregressi e rivissuti, procedendo per approssimazioni successive, quasi volteggiando come un rapace in attesa dell’affondo decisivo, della meta, che ora pare raggiunta. 

((Dal saggio critico Euritmia di Pier Luigi Senna)